Nature Neuroscience pubblica uno studio della Fondazione Santa Lucia Irccs e dell’Università di Perugia che individua in malattia di Parkinson, distonia e malattia di Huntington un comune difetto: l’incapacità dei neuroni di tornare alla posizione “zero”.
C’è un segreto in comune nei movimenti incontrollati di patologie tra loro diverse, quali sono malattia di Parkinson, distonia e malattia di Huntington. Grazie a uno studio pubblicato da Nature Neuroscience questo segreto è ora un po’ più chiaro al mondo della scienza.
Ricercatori della Fondazione Santa Lucia Irccs e dell’Università di Perugia, coordinati dal Professore Paolo Calabresi, insieme al gruppo di ricerca del professor Antonio Pisani, dell’Università di Tor Vergata, e ai colleghi inglesi e spagnoli dello University College di Londra e dell’Istituto Carlos III di Madrid, sono riusciti a dimostrare che l’ipercinesia di cui soffrono pazienti affetti da patologie così diverse, hanno tutti in realtà un problema in comune: l’incapacità dei neuroni di tornare a riposo dopo essere stati stimolati per apprendere un movimento.
I neuroni coinvolti sono per la precisione quelli dello striato, una regione interna del nostro cervello deputata a organizzare il movimento. Gli stimoli elettrici che li sollecitano producono effetti di due tipi. Gli scienziati chiamano uno LTP (long term potentiation) e l’altro LTD (long term depression). Immaginiamo per un attimo di osservare questi impulsi elettrici con un tester: è come se la lancetta, quando il neurone è a riposo, fosse sullo zero. Se poi il neurone riceve un impulso LTP la lancetta si sposta verso il positivo. Se riceve un impulso di segno opposto, quale la LTD, si muove verso il negativo.
Attraverso questi impulsi di opposte direzioni noi impariamo da bambini, per progressivi aggiustamenti, a muovere mani e braccia, a camminare, ad andare in bicicletta. Poi, per tutta la vita, grazie ai medesimi impulsi, i neuroni del nostro cervello guidano i movimenti, li adattano all’ambiente, ne correggono quando necessario la traiettoria e in generale li tengono sotto controllo come movimenti volontari.
“Questo meccanismo – ci spiega la dottoressa Veronica Ghiglieri, ricercatrice presso il Laboratorio di Neurofisiologia della Fondazione Santa Lucia - funziona tuttavia solo finché i nostri neuroni conservano la capacità di tornare alla posizione “zero” dopo ogni LTP o di poter esprimere un comportamento del tipo LTD. Ed è proprio questa incapacità di “downscaling” che abbiamo dimostrato essere comune ai pazienti affetti da malattia di Parkinson, distonia e malattia di Huntington”.
L’aspetto più caratteristico dello studio è il fatto che una causa comune dell’ipercinesia sia stata riconosciuta in pazienti con patologie di origine tanto diversa, come appunto una malattia neurodegenerativa con cause multifattoriali, quale è la malattia di Parkinson, accanto a patologie di origine genetica come distonia e malattia di Huntington.
“In effetti, le nostre ricerche sono partite anni fa proprio dalla malattia di Parkinson studiando gli effetti collaterali della terapia più utilizzata per questo disturbo: la levodopa – spiega il Professore Paolo Calabresi – Il tratto comune a queste ipercinesie è che il meccanismo interessa i recettori dopaminergici. Questo studio tuttavia dimostra che all’origine dei movimenti incontrollati c’è una disfunzione che si presenta identica anche in pazienti con patologie che non sono causate dalla mancanza di dopamina”.
L’obiettivo futuro della ricerca sarà quello di trovare modalità efficaci per restituire ai neuroni la capacità di “downscaling”, ovvero di tornare nella posizione “zero” dopo ogni stimolazione. “Senza questa capacità – osserva la dottoressa Barbara Picconi, ricercatrice del Laboratorio di Neurofisiologia della Fondazione Santa Lucia – è come se i neuroni, chiamati a compiere un nuovo movimento, portassero con sé gli stimoli ricevuti per movimenti precedenti, creando una confusione nel messaggio di controllo. Immaginiamoci in queste condizioni un rumore di sottofondo che si traduce in movimenti incontrollati e impedisce quelli corretti”.
Come intervenire per curare? “È possibile cercare soluzioni terapeutiche sviluppando farmaci oppure adeguati metodi di neurostimolazione profonda o stimolazione magnetica transcranica che restituiscano una corretta plasticità ai neuroni. Va tuttavia anche considerato che la nostra conoscenza del cervello fisiologico è oggi ancora incompleta. Ogni nuova conoscenza di base è già per sé importante”.
Lo studio Hyperkinetic disorders and loss of synaptic downscaling, coordinato dal Prof. Paolo Calabresi (Fondazione Santa Lucia Irccs – Università di Perugia) è pubblicato da Nature Neuroscience (Vol. 19, 7, online 28 June 2016).