Demenza. Effetti della quarantena dannosi per le persone anziane a rischio

Uno studio del Laboratorio LASERC della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma pubblicato su Frontiers in Psychiatry fotografa l’impatto dell’isolamento sulla salute psicologica degli over 60 con Mild Cognitive Impairment e Declino Cognitivo Soggettivo.

Riduzione delle attività fisiche, sociali e cognitive, modificazione della dieta e aumenti della quota di tempo trascorsa passivamente in quarantena. Sono tutti comportamenti scientificamente riconosciuti come potenzialmente dannosi per la salute delle persone più anziane. Per quelle con Mild Cognitive Impairment e Declino Cognitivo Soggettivo, già più esposte alla possibilità di sviluppare demenza, il rischio può aumentare.  È quanto osservato in uno studio del Laboratorio LASERC – Epidemiologia e Ricerca Clinica, coordinato dalla psicologa Simona Di Santo, nell’ambito dell’attività di ricerca in neuroscienze e neuroriabilitazione della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma.

L’obiettivo di questo studio osservazionale trasversale, che ha coinvolto 128 persone di età superiore ai 60 anni – spiega Di Santo - è stato di valutare gli effetti del COVID-19 e delle relative misure di contenimento sulla salute mentale e sugli stili di vita di persone anziane con MCI e Declino Cognitivo Soggettivo (SCD) allo scopo di individuare i fattori associati ad una sintomatologia depressiva, ansiosa o apatica”.

Recenti studi internazionali hanno infatti dimostrato l’associazione tra la riduzione dei comportamenti salutari in corso di lockdown e distress psicologico: in particolare, una minore attività fisica e un maggior ricorso ad alcolici e tabacco durante la quarantena si associava a punteggi più alti nelle scale di stress, depressione, e ansia. Altri studi hanno rilevato che il lockdown ha provocato un aggravamento dei sintomi comportamentali negli anziani con MCI o demenza.

Durante le ultime tre settimane del lockdown di primavera 2020, le ricercatrici del LASERC hanno intervistato telefonicamente i partecipanti allo studio. “L'indagine - illustrano le autrici - comprendeva otto sezioni: informazioni demografiche e cliniche; stato cognitivo; indipendenza funzionale; sintomi COVID-19 e diffusione tra familiari e conoscenti; impatto emozionale della pandemia; cambiamenti nell’attività fisica, nelle abitudini alimentari e nelle attività ricreative”.

È stato verificato che il lockdown ha determinato cambiamenti rilevanti negli stili di vita: oltre 1 persona su 3 ha ridotto i livelli di attività fisica ed il 70% ha riferito un aumento della sedentarietà. Circa 1 anziano su 3 ha riferito cambiamenti perlopiù meno salutari nella propria dieta (maggiori quantità di cibo, posti irregolari, meno cibi freschi e meno varietà) e il 35% ha riferito un aumento del peso.

L’intero campione ha lamentato una ovvia diminuzione drastica delle relazioni sociali, anche se l'11% dei partecipanti ha riferito di essere ancora impegnato in attività sociali come l'incontro con altre persone nel rispetto della distanza di sicurezza o di partecipare ad incontri di gruppo su piattaforme online. Circa 1 persona su 5 ha ridotto anche i comportamenti attivi, come cucire, ricamare, lavorare a maglia, dedicarsi ad attività artistiche, bricolage o giardinaggio. Per converso, il 60% ha aumentato le attività ricreative passive come guardare la tv o ascoltare la radio Il 68% riferisce che le notizie sul coronavirus che hanno appreso dai media (TV, radio, giornali, social network e altri), hanno avuto una grande/moderata influenza sul suo stato d’animo.

In generale la maggior parte degli intervistati ha riferito la presenza di alcuni sintomi di disagio psichico e gli strumenti di screening diagnostico hanno rilevato depressione in 1 partecipante su 5, spiccata apatia in quasi uno su 10. Lo stesso numero di persone otteneva punteggi indicativi di uno stato di ansia.

Ciononostante – notano le studiose - quasi nessuno ha sentito la necessità di ricorrere ai servizi di supporto psicologico gratuito messi a disposizione per contrastare l'impatto emotivo della pandemia”. “Pur su un campione ridotto – commenta Di Santo – i nostri dati indicano che la quarantena ha implicato cambiamenti negli stili di vita potenzialmente dannosi per la salute cognitiva e mentale, con possibili effetti a lungo termine”.

 Quali strategie per contrastare questi effetti? “La direzione è quella di costruire interventi finalizzati alla riduzione dell’isolamento – afferma la psicologa – a fornire un supporto psicoeducativo per alleviare l'ansia, aumentare la consapevolezza, i comportamenti salutari e ridurre i conflitti familiari, promuovendo l'ascolto attivo e il sostegno reciproco tra i membri della famiglia. Occorre inoltre promuovere una maggiore coscienza dei pazienti circa l'aiuto psicologico che possono ricevere ricorrendo ai servizi telefonici/telematici di supporto creati ad hoc per contrastare la pandemia, o ripensare alle modalità di erogazione di tali servizi per renderli più accessibili per gli anziani”.

 

Riferimenti: Di Santo SG, Franchini F, Filiputti B, Martone A and Sannino S (2020) The Effects of COVID-19 and Quarantine Measures on the Lifestyles and Mental Health of People Over 60 at Increased Risk of Dementia. Front. Psychiatry 11:578628. doi: 10.3389/fpsyt.2020.578628

 Il team di ricerca LASERC ringrazia per la collaborazione tutti i partecipanti allo studio, A.S.D. Vitattiva, i Presidenti dei Centri Sociali Anziani di Roma, la Casa del Sole Ospedale San Camillo.