Svolgere esercizi cognitivi con l’uso di un tablet ha permesso a 10 pazienti colpiti da Alzheimer di ripristinare e rafforzare le competenze linguistiche. Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Aphasiology è stato realizzato presso l’ospedale di neuroriabilitazione Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma.
La malattia di Alzheimer è la più diffusa forma di demenza: in Italia circa 1,2 milioni di persone convivono con questa malattia. È nota per le sue conseguenze sulla memoria e i disturbi a carico della memoria episodica soprattutto per fatti recenti (chi mi ha invitato a cena una settimana fa) o recentissimi (per quale motivo mi ha chiamato mio figlio pochi minuti fa?) sono i campanelli di allarme che dovrebbero portare ad una visita con un neurologo e ad indagini più approfondite.
Tuttavia la capacità di ricordare episodi recenti e nuove informazioni non sono l’unica funzione a declinare nel corso di questa malattia. Anche altri ambiti cognitivi tra cui il linguaggio vengono interessati nel progredire della malattia. La principale manifestazione dell’Alzheimer a carico del linguaggio consiste nella anomia, ossia nella difficoltà a reperire le parole per comunicare con gli altri.
Al posto della parola appropriata il paziente può non pronunciarne nessuna o pronunciarne una affine per significato, ad esempio potrebbe dire “cane” volendo intendere “gatto”. La causa di queste difficoltà è duplice, da una parte c’è una progressiva incertezza sul significato delle parole (quale è il gatto? E in cosa si distingue dal cane?) dall’altro c’è una difficoltà a richiamare la forma sonora delle parole (come si chiama quell’animale che ho in casa e che fa le fusa?)
“La terapia che abbiamo sperimentato su un gruppo di 10 pazienti affetti da Alzheimer” afferma Gian Daniele Zannino, ricercatore della Fondazione Santa Lucia IRCCS “Mira a ripristinare e rafforzare le competenze sui significati e il loro legame con le parole corrispondenti. Si tratta in realtà di un esercizio ben noto in logopedia, consistente nel far ripetere al paziente una parola mentre gli si mostra la figura corrispondente. In questo modo la visione della figura “rafforza” le caratteristiche semantiche, mentre l’ascolto della parola in concomitanza con la figura “rafforza” il legame tra concetto ed etichetta verbale”.
La principale novità dello studio consiste nel digitalizzare l’esercizio per renderlo fruibile su un tablet in autonomia e a domicilio con il minimo aiuto di un familiare o di un altro caregiver. I risultati sono promettenti: dopo solo due settimane di trattamento (in tutto 10 sessioni da 20 minuti) i pazienti mostravano un significativo aumento dalla capacità di denominare senza aiuto le parole trattate.
Lo studio apre quindi la possibilità di trattare efficacemente un disturbo invalidante come l’anomia in regime di telemedicina supervisionata da remoto. “L’accesso alle cure a domicilio è particolarmente importante per i pazienti con malattia di Alzheimer” conclude il dott. Zannino “per loro è importante trovarsi in un luogo familiare e conosciuto, dal quale non vengano disorientati. Attraverso un semplice dispositivo tecnologico, come un tablet connesso alla rete, è così possibile aumentare l’efficacia del trattamento e ridurre l’impegno a carico dei familiari che supportano il paziente in termini di accessi ad un ospedale o di spostamenti”.